Home » 2019

Yearly Archives: 2019

Come la pioggia

Sulle montagne artiche. “Il pastore d’Islanda” di G. Gunnarsson

Gunnar Gunnarsson, Il pastore d’Islanda, Iperborea, Milano, 2016 (prima edizione) Recensione di Chiara Rantini Il pastore d’Islanda è un racconto lungo in cui si narrano le vicende di Benedikt, un uomo di 54 anni che, ormai da 27 anni, all’inizio di ogni inverno, nel periodo dell’Avvento, lascia la costa islandese dove abita per addentrarsi sugli […]

Boris Borisovič Ryžij. L’ultimo poeta sovietico e il primo di nuova generazione

di Chiara Rantini Quest’anno ricorre il ventennale della morte del poeta russo Boris Borisovič Ryžij. Molto conosciuto in patria, in Europa e soprattutto in Italia, è noto solo agli addetti ai lavori e a chi s’interessa di letteratura russa contemporanea. Poeta di un’epoca di transizione, resta ai margini proprio perché difficilmente inquadrabile in un movimento […]

“Qualcuno si ricorderà di noi”, un testo teatrale di Alessia Pizzi

Alessia Pizzi, Qualcuno si ricorderà di noi, testo teatrale, Fusibilia Libri, 2020 Ispirandosi all’antichità greca, Alessia Pizzi ci conduce in una pièce di un solo atto a colloquio con tre poetesse di età ellenistica: Erinna, Anite e Nosside. Vittime di un ingiustificato oblio, l’autrice compie la lodevole operazione di portare all’attenzione dei lettori la loro […]

Stefano Fortelli e la dark-poetry

INTERVISTA a cura di Chiara Rantini Chi è Stefano Fortelli? Quando ha avuto inizio la passione per la scrittura e perché? Ammesso che Stefano Fortelli esista, oggi è in larga parte la personalità che si evince dai suoi scritti. Ho cominciato a scrivere circa sette anni fa, ma non mi sento appassionato di scrittura più […]

COCCI DI BOTTIGLIA, silloge di Benedetto Ghielmi

Benedetto Ghielmi, Cocci di bottiglia, 2000diciassette ed., 2020 Cocci di bottiglia è la prima raccolta poetica di Benedetto Ghielmi, autore molto attivo nel panorama degli scrittori emergenti. Già dal titolo, si ha la sensazione di entrare in un mondo frantumato dove però, l’intenzione del poeta è quella di ricomporre ciò che è andato in pezzi. […]

Domeniche d’infanzia e paradisi ritrovati. Un pomeriggio di poesia in una residenza per anziani

UN PARADISO PER ICARO. Letture in una residenza speciale

Una domenica pomeriggio d’estate. Molto caldo. Poche persone sulle strade. Il timore che il bus sia in ritardo perciò inforco la bici e attraverso l’Arno sulle due ruote per andare in un bel quartiere periferico di Firenze, ricco di verde e di tante belle iniziative culturali.

Sono molto emozionata perché è la prima volta che leggo le mie poesie in una residenza per anziani. Qualcuno mi conosce già, ma la maggior parte delle persone sanno solo che leggerò loro delle poesie.

Mi accolgono Verusca e Alessio che sono gli organizzatori di questa importante iniziativa, ovvero quella di portare “per l’ora della merenda” non pasticcini, ma parole poetiche, parole che confortano, che fanno sognare, che rendono la vita forse un po’ migliore.

Le mie poesie arrivano alla fine di un anno di incontri e così penso che per me sia più facile: credo che il pubblico abbia ormai l’orecchio pronto alla materia letteraria.

Comincio a leggere titubante. Poi arrivano le domande. La conversazione diventa fluida e io mi sento perfettamente a mio agio: è il miracolo della “corrispondenza”, dell’ascolto che si rende attivo e reciproco. Forse è solo il miracolo della poesia.

Il tempo corre veloce. Qualcuno è un po’ stanco, altri, soprattutto le donne vorrebbero sapere qualche altra notizia, qualcosa che renda più sottile la distanza tra il loro mondo e quello del mio “Paradiso per Icaro”.

Ma il pomeriggio volge al termine. Sulla terrazza assolata, sotto i grandi ombrelloni, saluto questo pubblico davvero speciale che mi ha dato veramente molto: un tesoro che porterò sempre con me e che, forse, un giorno si trasformerà in poesia.

Per avere un resoconto più dettagliato dell’incontro, rimando a questo bell’articolo scitto da Verusca Costenaro sul meraviglioso pomeriggio trascorso alla RSA Il Giglio.

Domenica d’infanzie e paradisi ritrovati, assieme alla poesia di Chiara Rantini

L’ARTE DI CAMMINARE NELLA VITA

Camminare è un’esperienza di vita, anzi un’esperienza di crescita.

Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia dove stare nella natura era un valore importante.

Fin da piccolissima ho viaggiato sui mezzi pubblici (bus, treni principalmente) e ho imparato la magica arte dell’attesa, a non avere paura dei cosiddetti “tempi morti” dello stare fermi sotto la pioggia o sotto il sole fino all’arrivo di un bus. Ho capito che il tempo è prezioso non per l’accumulo di azioni da compiere (e più se ne fanno meglio è, secondo una logica capitalistico-ottocentesca che ancora fa da padrona) ma perché ci permette di pensare, di osservare, di mettersi in un atteggiamento di profonda attenzione verso l’interno e l’esterno.

Ai miei tempi, anni ’80, ancora non esisteva la concezione “slow” della vita; c’era solo un timido ecologismo nascente, alimentato da cartoni animati che i bambini di oggi non saprebbero apprezzare perché immersi in un’altra cultura, come, ad esempio, “Conan” o “Barbapapà”.

Quando sono diventata mamma, ho capito che questo valore, questa sintonia con la natura, questo elogio delle lentezza in un mondo nevrotico e proiettato sempre verso un domani di mete irraggiungibili, non poteva restare un patrimonio esclusivo ma necessitava di nuova vita, di essere trasmesso come un’eredità.

È faticoso, nel senso letterale della parola, portare dei bambini piccoli in montagna, ma è proprio la fatica che caratterizza il cammino a essere per loro, un esempio, una metafora della vita che poi dovranno affrontare. E tuttavia la montagna non è solo sacrificio. Nel periodo di apprendistato, sono compresi gli insegnamenti che permettono di limitare il dispendio di energie: come nella vita, per camminare in montagna, esistono delle strategie e delle tecniche intelligenti che facilitano la soluzione dei problemi che la natura, in tutta la sua magnificenza ed estrosità, continuamente pone. Ma anche queste cose si apprendono con l’esperienza.

Tutti desideriamo arrivare in vetta velocemente e senza grosso dispendio di energie, inizialmente. Almeno finché questo cammino è nella nostra testa e in un certo senso in una realtà virtuale. Concretamente non è così, quasi mai. La vetta talvolta non è raggiungibile perché gli ostacoli vanno oltre la nostra capacità di superamento, oppure perché non abbiamo ancora abbastanza esperienza o più semplicemente perché qualcosa di bello e di più appagante del raggiungimento della vetta ci ha fermato a metà cammino.

La conquista non è la nostra bandiera sulla vetta, non è l’onnipresente “io” ma tutto il percorso, tutto il bagaglio delle esperienze che abbiamo raccolto durante il cammino, ciò che ci arricchisce in termini di umanità e di crescita. Non sono le illusioni, le proiezioni del nostro ego o dell’ego sociale a renderci vittoriosi ma ciò che realmente siamo, uomini e donne che affrontano con onestà d’animo il cammino della vita, accettando l’impetuosità del vento, il calore del sole, il sentiero impervio e sassoso, talvolta cercando riparo e soste, talvolta esponendosi a tutto per amore di un’autenticità che è sempre più difficile trovare dentro di sé.

C. R.

LA POESIA SALVA I POETI E NON SOLO…

Nella giornata mondiale della Poesia, mi sembrava giusto lasciare un piccolo contributo per i lettori.

Solo qualche breve considerazione.

La giornata della poesia e l’inizio della primavera coincidono. Perché? Cosa hanno di simile?

Per molti popoli, l’equinozio di primavera corrisponde con l’inizio dell’anno civile e religioso.E non è un caso.

La primavera è un momento di rinascita in cui mettere a frutto le potenzialità dell’inverno.

Infatti, se la stagione invernale, con il suo caratteristico letargo, è da considerare come il tempo dell’attesa, quella primaverile segna il passaggio da un tempo di riflessione a un tempo di azione.

Non diversamente avviene nell’animo del poeta. La poesia infatti non è qualcosa che nasce di getto, uno sfogo momentaneo delle propria emotività. La poesia ha bisogno di un buon terreno arato, di cure e di concime: non nasce dal nulla ma ha un tempo di preparazione. Ecco allora che la primavera è il momento della “visibilità” della poesia, del suo affacciarsi più o meno compiutamente al mondo.

La primavera presuppone un inverno, la poesia richiede un preventivo silenzio.

Dove c’è una rinascita, c’è una nuova vita. Chiunque legga una poesia, per quanto triste o malinconica, sente rivivere dentro il proprio animo quelle parole o quelle determinate immagini evocate, scoprendo delle corrispondenze, degli afflati che contribuiscono ad aumentare o a risvegliare la percezione di sé come essere vivente facente parte di un meccanismo complesso ma, allo stesso tempo, armonico.

Chi legge poesia è un po’ poeta, in definitiva. La poesia ha bisogno del poeta e il poeta ha bisogno di chi ascolta la sua voce. Chi legge poesie ha bisogno dei poeti  e così il mondo (anche quello fatto da persone che non leggono poesia) ha bisogno di una “primavera poetica” che circoli nell’aria, sospinta da un vento che non conosce confini o divisioni di nessun genere.

La poesia salva i poeti e non solo…

 

POESIA E VITA

La vita è respiro

dell’anima la parola;

vapore

che esce di bocca.

Nelle notti d’inverno

umida condensa,bagna, scivola

nei solchi

dell’interiorità.

Sanscrito atman

privo di confine

fuori, dentro

per contatto libero,

tra rovi di mano

e corolle

rivolte al cielo

(“Poesia e vita” da Un paradiso per Icaro, ed. Ensemble, Roma, 2018)