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Come la pioggia

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Recensione a LA RESA DELLE OMBRE

Con gioia annuncio che è stata pubblicata sul blog All colours of romance una ottima recensione al mio romanzo a cura di Gabriella La Rosa.

Qui il link per leggerla integralmente:

La resa delle ombre di Chiara Rantini

Prima di “La resa delle ombre” – Alcuni racconti in formato video

“La resa delle ombre” è stata pubblicata nel maggio del 2018. Precedentemente però mi ero “esercitata” e divertita a scrivere brevi racconti poi apparsi in varie antologie.

Alcuni di questi, limitatamente agli estratti, sono stati narrati in un bel video realizzato dall’amica poetessa emozionale Brigida Liparoti.

 

I racconti sono:

L’ultima festa del paese, pubblicato nell’antologia Racconti Toscani anno IV, Historica ed., 2017


Figlia della luna edito da Panesi ed. nell’antologia Oltre i Media., 2016

La dama rossa, pubblicato nell’antologia Qualcosa di rosso, Alcheringa ed., 2016

 

 

Buona visione!

 

 

Spazio recensioni. LA RESA DELLE OMBRE

Sono ormai trascorsi due anni dalla pubblicazione del mio primo romanzo La resa delle ombre.

 

 

Nel tempo, i lettori hanno avuto modo di esprimere la loro opinione sul libro.

Vorrei quindi dedicare questo spazio alle loro parole.

 

 

 

-La prima breve recensione è di Gabriel Wolf, lettore e, a sua volta, scrittore.

Questo libro è molto particolare ed è questo suo essere speciale a renderlo semplicemente bello.
Non è una lettura semplice per via dell’intensità che l’autrice profonde attraverso una metafora narrativa ben condotta nel descrivere i pericoli che si nascondono dietro i traumi infantili e le conseguenze terribili a cui possono portare.
Nonostante la serietà dell’argomento la scrittura scorre fluida e riesce a far immergere il lettore nella vicenda, rendendolo tanto intensamente quanto a tratti dolorosamente partecipe.
Consiglio la lettura a tutti coloro che desiderano affacciarsi sul lato oscuro dell’animo umano senza dimenticare che proprio dove si stendono le tenebre brilla sempre una luce di speranza. GABRIEL WOLF

 

-La seconda recensione è di Claudia Muscolino, amica e scrittrice.

 

“La vita cambiò all’improvviso, come quando una folata di fredda tramontana porta via con sé l’ultimo tepore autunnale. Da allora non fui più la donna di prima. Era arrivato l’inverno e con esso tutto quello che ho vissuto sull’incerto confine tra realtà e immaginazione.” Lena, la protagonista del romanzo, racconta la sua storia partendo da queste parole e intraprendendo un viaggio a ritroso nella sua vicenda personale, dove si fondono normalità, speranza verso il futuro, amore per l’arte e molte ombre. Ombre che non sono facili da decifrare: quelle della malattia mentale. Con lei si muovono altri personaggi, in particolare Janis e Adrian: due fratelli che rappresentano l’uno l’alter ego dell’altro e un paesaggio che è, a sua volta, protagonista sicuro e imponente. Un libro affascinante quello di Chiara Rantini che ci lascia sull’orlo di qualcosa che può cambiare. Un finale aperto dove le ombre, forse, potranno trovare il tempo e il modo di arrendersi davvero.
CLAUDIA MUSCOLINO

 

 

Il valore dell’amicizia

.L’AMICIZIA è uno dei temi principali affrontati ne La resa delle ombre.

Il fondamento delle relazioni umane si basa sulla fiducia, sull’empatia, sulla capacità di mettere al secondo posto il proprio egoismo: tutto questo ha un nome, ed è amicizia.

L’amicizia non sempre è legata a situazioni positive; anzi spesso ha un ruolo importante nella vita proprio quando stiamo attraversando un periodo difficile. La persona amica è quella a cui ci rivolgiamo nella certezza di essere compresi e non giudicati. Non a caso, Seneca nella sua Terza lettera a Lucilio pone la fiducia come conditio sine qua non per qualsiasi vera amicizia.


Nel romanzo,  Lena e Adrian, si scoprono amici quando la condivisione dello stesso dolore (la follia di Janis) li unisce in una sorta di legame fiduciario. Nei confronti di Janis, compagno di Lena e fratello di Adrian, operano in sinergia trascurando l’interesse personale in vista di un miglioramento delle condizioni fisiche e mentali del loro congiunto.

In questo frangente, la linea di confine tra amicizia e amore puro diventa poco distinguibile, come si evince da questo estratto:


Adrian era ubriaco, inciampava di continuo e, noncurante del mio equilibrio altrettanto precario, si aggrappava ai miei vestiti. Avrei voluto rivelargli il peso del rimorso che mi tormentava dall’inizio della serata, ma il potere della musica aveva preso il sopravvento sulle parole. Una musica struggente, malinconica, a tratti paradisiaca, come se risuonasse da una lontana sorgente, ci incatenava in una danza improvvisata che, sollevandoci al di sopra della realtà, anestetizzava ogni nostro dolore.
Leggere, le dita si incrociavano, leggeri, i volti si sfioravano, leggeri, gli sguardi si increspavano come onde di marea.
«Sorellina mia…» soffiò sommessamente Adrian, «non ci abbandonare… mai.»
Trattenni le lacrime, nascondendo l’emozione nelle pieghe della sua camicia. La danza continuò ancora, finché, esausti tornammo a sedere. Avevo dolore in tutto il corpo e la testa sembrava una girandola impazzita, e tuttavia ero felice.”

Chiara Rantini, 2 maggio 2020

 

UNO SGUARDO AI PROTAGONISTI: Lena e Janis

 

I protagonisti del romanzo sono Lena, una ragazza di circa vent’anni e Janis, un uomo più grande di lei ma ancora giovane. Quasi tutta la vicenda ruota intorno a loro e sarebbe impossibile descrivere gli altri personaggi senza prima aver conosciuto questa coppia.

Per descriverli, ho scelto di avvalermi di un’immagine. Si tratta dell’opera di una pittrice inglese contemporanea M. Kreyn, dal titolo “Alone together”.

Raffigura una donna dal volto sofferente che tiene una mano tra i capelli dell’amato. Lui ha il capo reclinato e nasconde il viso tra il collo e la spalla dell’amata. Ha un’espressione di dolore infantile e sembra cercare protezione e comprensione. La donna invece, pur trattenendolo a sé, non guarda verso il suo uomo. Gli occhi fissano un punto lontano, qualcosa che si perde in un altro mondo, un mondo che solo lei conosce. Il braccio teso che regge la testa dell’uomo sembra essere il simbolo dell’attaccamento alla contingenza, lo sguardo che vaga in lontananze siderali, il simbolo della speranza in una diversa realtà. Del volto dell’amato non si vede molto: gli occhi sono chiusi, la mascella è contratta nella morsa della sofferenza ma il resto del corpo sembra abbandonarsi al sostegno che offrono le membra della donna.

Credo non esista immagine migliore per descrivere il legame tra Lena e Janis. Bisogno di protezione, dolore, incomprensione, distanza, speranza sono elementi che caratterizzano la loro vicenda fin dal primo incontro.

Lena, capelli scuri e occhi tesi verso il futuro, vorrebbe lasciarsi alle spalle un passato familiare opprimente e povero di affetto ma, per la sua giovane età, è ancora molto insicura. La pittura, che pratica come pura arte di evasione da una realtà dolorosa, è per lei un sostegno e un punto di riferimento nella ricerca della propria identità. E tuttavia sa che non può vivere solo per l’arte. Dentro l’anima sente una forza incontenibile, quasi traboccante, che la spinge a entrare nel tormentato mondo della malattia mentale di Janis, come se dovesse vincere una sfida con se stessa. Caparbia, dolce ma non remissiva, Lena, nei meandri dell’oscuro male di Janis, ritroverà anche quella parte di sé che era rimasta in ombra. Come è possibile intuire nello sguardo della donna dipinta nella tela dell’artista inglese, insieme al desiderio di evadere in una realtà meno dolorosa, emerge in Lena anche la speranza, o meglio la consapevolezza, dell’esistenza di una via d’uscita.

Janis, invece, non ha un solo volto: il suo sguardo muta al mutare delle condizioni interiori. Silenzioso e introverso all’apparenza, in realtà cela dentro l’anima un fuoco distruttore capace di travolgere anche ciò che più gli è caro. I suoi occhi sono chiari ma non limpidi. Il dubbio di non essere amato assume i tratti di uno stato paranoico. Gli attacchi di follia sembrano essere scatenati da un demone interiore che lascia lo stesso Janis senza più forze né volontà. Il folle musicista vorrebbe essere insensibile come un autonoma e riservare tutta la carica data delle emozioni per eccellere nella musica, ma non può farlo. L’amore fraterno è un’inspiegabile eccezione nella sua vita chiusa ad ogni legame. Janis che, nelle relazioni, conosce solo il meccanismo della distruzione, nutre sincero affetto per il proprio fratello, un affetto che è quasi una simbiosi. Se Janis tenta il suicidio è perché, a differenza di Lena, non vede una via d’uscita. Di Lena ama tutto ma è non crede alla profondità del loro legame. Probabilmente vorrebbe riproporre il modello di rapporto che ha con Adrian, ma Lena è diversa e soprattutto, suscita in lui, emozioni e pensieri diversi. Infatti Janis conosce per la prima volta la passione e ne ha paura.

Davanti all’incertezza e all’alternanza di riavvicinamenti e allontanamenti, la loro relazione sembra perdersi in un labirinto senza fine, senonché il grido delle realtà di una nuova vita in arrivo, riporta il legame sui binari della speranza. Più forte del delirio di Janis è l’apparire di una creatura che è la personificazione dell’amore, di quell’amore scevro dal tarlo del possesso, delle incomprensioni, delle delusioni. E solo quando Janis comprende la superiorità di questo amore accetta di essere ciò che è: un uomo fragile che, nonostante tutte le debolezze, può osare ad amare. È questo il punto di congiunzione delle anime, laddove anche solo per un attimo, Janis, Lena e Adrian si trovano nella più totale comprensione. Finalmente non sono più “da soli insieme”.

I LUOGHI DEL ROMANZO: LA FORESTA

LA FORESTA

La foresta in tutte le culture e tradizioni ha sempre rappresentato l’inconscio, la parte oscura che alberga nell’anima di ciascuno di noi. Essa infatti con i suoi fitti alberi nasconde la presenza dell’ignoto, di ciò che potenzialmente potrebbe rappresentare un pericolo, di ciò che non è conosciuto. Simboleggia una condizione esistenziale in cui i personaggi di una storia vengono messi alla prova. Perciò, nella foresta, sono presenti infiniti sentieri e soltanto alcuni conducono alla meta.

Così, per Janis e Lena, la foresta rappresenta il luogo dove emergono i contrasti e le incomprensioni nella loro relazione. La foresta riporta Janis indietro nel tempo, al ricordo doloroso della sua infanzia che ancora lo opprime. Lena invece, nella foresta, perde il suo orientamento interiore e rischia di smarrirsi.

Ciononostante, la foresta resta un passaggio obbligato verso una possibilità di cambiamento. Se, per Janis, all’inizio, non lo è affatto, diversamente è per Lena che trova il coraggio di camminare in solitudine, nella notte, attraverso una foresta sconosciuta, mettendo da parte i propri timori, per il bene di Janis.

Janis era fuggito, io ero di nuovo sola. Sola, in una foresta sconosciuta mentre avvertivo chiaramente l’incedere dei passi della notte.

Questo pensiero mi risvegliò; ricercai le tracce del sentiero ma non ricordavo la direzione da seguire. Fui presa dal panico. Urlare nella foresta non avrebbe avuto alcun senso. Quindi decisi di correre incontro all’ultimo bagliore del tramonto. Correvo, cercando di creare un vuoto nei pensieri.

A poco a poco la foresta divenne più rada; il sentiero si era fatto più largo ed era coperto da un sottile strato di sabbia. In lontananza udivo il respiro del mare.

Madre e matrigna, allo stesso tempo, la foresta protegge e mette a nudo la fragilità dell’esistenza dei protagonisti. Infatti, citando un pensiero di John Muir, essa è “la via più chiara per penetrare nell’Universo”. Non a caso, nelle ultime pagine del romanzo, il viaggio solitario compiuto da Janis, prima di approdare al mare, in una deriva onirica, passa attraverso i paesaggi invernali di boschi e pianure perché camminare tra gli alberi è, per lui, l’unica azione necessaria a ritrovare se stesso.

I LUOGHI DEL ROMANZO: LE ACQUE

TERRA, ACQUA, ARIA sono gli elementi che caratterizzano e scandiscono il susseguirsi degli stati d’animo dei protagonisti del romanzo “La resa delle ombre”. In questa prima parte dedicata ai luoghi, parleremo delle acque e del ruolo che hanno all’interno del testo.

LE ACQUE

Il Mare

Il mare assume una particolare valenza simbolica. Esso rappresenta l’infinito, ciò che è senza limiti e, non per ultimo, la dimensione in cui Janis vorrebbe annientarsi per essere libero dal male che lo affligge.

In lontananza udivo il respiro del mare.

Le tenebre ammantavano quasi tutto e io procedevo a tentoni. Guardando il cielo mi accorsi che era percorso da guizzi improvvisi di luce. Si stava avvicinando un temporale.

Ormai camminavo sulle dune chiare in uno stato di trance, guidata da una voce interiore che mi suggeriva di raggiungere il mare.

Mi voltai indietro richiamata da un sibilo: il vento piegava i fusti e scuoteva le fronde dei pini con una furia incontrollata. La foresta gemeva e io ebbi paura.

Paura, senso di smarrimento, desiderio di autodistruzione sono elementi che fanno del mare qualcosa di inquietante. Tuttavia, esiste anche un aspetto opposto che convive con questo lato tenebroso. Il mare rappresenta l’unica reale possibilità per una rinascita: dall’acqua, infatti, avrà origine una nuova vita, la figlia di Janis. Sulla riva del mare avverrà il loro primo incontro in una dimensione onirica e surreale, incontro che permetterà al musicista di comprendere che una via di salvezza può esistere.

Il mare rappresentava l’indistinto, l’assenza di un luogo preciso, in sostanza il modo in cui aveva vissuto fino a quel momento. Nelle profondità marine avrebbe potuto annegare il dolore del passato e le incertezze per il futuro, ma non sarebbe stato possibile dimenticare il volto della sua bambina. Sebbene l’avesse vista per un tempo brevissimo e quasi avvolta da una dimensione onirica, non c’era essere vivente sulla terra che avesse, per lui, maggiore concretezza.

 

Il Canale

Altro luogo simbolo del romanzo è il canale. Il canale nell’immaginario urbano e rurale è sempre stato l’elemento unificatore, ciò che mette in comunicazione fiumi di diversa provenienza e ciò che fa defluire le acque quando queste rappresentano una minaccia per l’ambiente.

Per Janis e Lena, il canale rappresenta una zona franca, un luogo che è sul confine tra la terra e l’acqua e che permette di distaccarsi da tutte le preoccupazioni e paure. Janis e Lena si ameranno proprio su una barca lungo il canale e ogni qual volta ci saranno delle incomprensioni tra di loro, camminare sull’argine del canale, riporterà la pace.

Ci dirigemmo verso la riva e salimmo sulla barca, sedendoci sul fondo dello scafo. Era umido ed emanava un forte odore di muschio e di alghe.

«Qui non possiamo sottrarci alla forza della vita. Qui, noi siamo due creature senza peso che si incontrano, per la prima volta, come differenti correnti marine destinate a confondersi in un unico grande e indistinto flusso.»

Il canale e quindi la barca che oscilla su di esso sono un luogo neutro, uno spazio dove confluiscono tutte le forze positive, la zona di “affluenza” dove vengono meno il peso della follia. Qui si creano le condizioni per una rinascita e per la creazione di una nuova vita.

La scelta della cover

Ho pensato a lungo a quale potesse essere la copertina più adatta ai contenuti del mio romanzo che, pur trattando di relazioni, anche amorose, non è classificabile come un “romanzo rosa”; è proprio infatti la questione dei colori dei generi letterari che mi ha fatto riflettere e dare un input per la ricerca di un’immagine adatta al testo. Dopo lungo pensare credo che il mio romanzo si possa definire un po’ bianco e un po’ nero laddove il nero rappresenta il margine, il bordo scuro che circonda e racchiude l’esistenza dei protagonisti mentre il bianco è ciò che essi realmente sono, la loro essenza nascosta, luce di cui inconsapevolmente brillano Janis, Adrian e Lena. Il nero evoca l’abisso di emozioni, la spirale di sensazioni contrastanti in cui vivono, il bianco ricorda la nebbia e la neve, elementi che avendo un alto valore simbolico all’interno del romanzo, rappresentano la speranza, la luce di una possibile salvezza.

Era quindi necessario trovare un’immagine che sintetizzasse tutto ciò. Rovistando nell’archivio di foto del mio pc, ho scovato un’immagine interessante.

Ricordo di averla scattata in una giornata di tarda primavera alle pendici del monte che sovrasta la mia città. Camminavo in un passaggio irreale dominato dal bianco della nebbia e dal nero dei contorni degli alberi che apparivano come presenze spettrali immerse in un silenzio magico e seducente. Ad un crocevia ho rivolto lo sguardo verso un campo di ulivi: le piante e la terra erano scure, ammantate nella cenere della nebbia ma, in alto, il sole come una pallida sfera, illuminava il cielo. Da questo contrasto è nata la decisione di concedere a questa foto l’onore di essere la copertina del mio primo romanzo.

Guardatela attentamente e leggerete in essa le vicende dei protagonisti de “La resa delle ombre”.