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Tag Archives: lo spazio e i germogli dell’essere

Come la pioggia

Sulle montagne artiche. “Il pastore d’Islanda” di G. Gunnarsson

Gunnar Gunnarsson, Il pastore d’Islanda, Iperborea, Milano, 2016 (prima edizione) Recensione di Chiara Rantini Il pastore d’Islanda è un racconto lungo in cui si narrano le vicende di Benedikt, un uomo di 54 anni che, ormai da 27 anni, all’inizio di ogni inverno, nel periodo dell’Avvento, lascia la costa islandese dove abita per addentrarsi sugli […]

Boris Borisovič Ryžij. L’ultimo poeta sovietico e il primo di nuova generazione

di Chiara Rantini Quest’anno ricorre il ventennale della morte del poeta russo Boris Borisovič Ryžij. Molto conosciuto in patria, in Europa e soprattutto in Italia, è noto solo agli addetti ai lavori e a chi s’interessa di letteratura russa contemporanea. Poeta di un’epoca di transizione, resta ai margini proprio perché difficilmente inquadrabile in un movimento […]

“Qualcuno si ricorderà di noi”, un testo teatrale di Alessia Pizzi

Alessia Pizzi, Qualcuno si ricorderà di noi, testo teatrale, Fusibilia Libri, 2020 Ispirandosi all’antichità greca, Alessia Pizzi ci conduce in una pièce di un solo atto a colloquio con tre poetesse di età ellenistica: Erinna, Anite e Nosside. Vittime di un ingiustificato oblio, l’autrice compie la lodevole operazione di portare all’attenzione dei lettori la loro […]

Stefano Fortelli e la dark-poetry

INTERVISTA a cura di Chiara Rantini Chi è Stefano Fortelli? Quando ha avuto inizio la passione per la scrittura e perché? Ammesso che Stefano Fortelli esista, oggi è in larga parte la personalità che si evince dai suoi scritti. Ho cominciato a scrivere circa sette anni fa, ma non mi sento appassionato di scrittura più […]

COCCI DI BOTTIGLIA, silloge di Benedetto Ghielmi

Benedetto Ghielmi, Cocci di bottiglia, 2000diciassette ed., 2020 Cocci di bottiglia è la prima raccolta poetica di Benedetto Ghielmi, autore molto attivo nel panorama degli scrittori emergenti. Già dal titolo, si ha la sensazione di entrare in un mondo frantumato dove però, l’intenzione del poeta è quella di ricomporre ciò che è andato in pezzi. […]

Il tempo e lo spazio poetico di Iveano Benigni Braschi

IL TEMPO, LO SPAZIO E I GERMOGLI DELL’ESSERE

di Iveano Benigni Braschi

Questo poemetto nasce dal dolore per la scomparsa di Franco Battiato a cui il poeta Benigni rende onore allegando al testo i dipinti del grande maestro della musica italiana. L’opera si compone dell’unione di tre elementi: il sogno, il buddismo e la meccanica quantistica. Benigni ha un particolare rapporto con il mondo onirico. Solo attraverso il sogno infatti, secondo lui, riusciamo ad avere una visione completa della nostra e altrui vita, a raggiungere posti lontani e persone lontane nel tempo. Il sogno annulla le barriere spazio temporali e ci pone in comunicazione continua con poeti, scrittori, artisti di altri tempi secondo un flusso inarrestabile di corrispondenze liriche. La filosofia buddista si lega a questa dimensione di annullamento del tempo, dello spazio e di ciclicità.

Di conseguenza, è facile intuire il legame con la meccanica quantistica poiché secondo questa ottica tutto è divenire, l’universo è in continuo movimento, non esiste materia inerte come d’altronde avviene nella poesia dove la parola è materia plasmabile all’interno del verso.

Alcuni estratti dal poemetto:

…Certo le vie reali

del sogno

portano la coscienza

in profondità,

vanno alla ricerca

delle radici antiche

del mistero della vita.

Tutto può succedere

in questo attimo

di meravigliosa sospensione,

l’irreale appare reale,

il piccolo grande,

il vicino lontano,

ritroviamo posti

e persone

che ci sono care,

ci sembra di essere

a casa…

…Un grande albero

sta nascendo

nella grotta cristallina

del mio cuore,

un albero

dal tronco possente,

dalle radici profonde,

dalle foglie dorate

e delicate…

…Anche l’energia

più sottile partecipa

alla danza del tutto.

Gli atomi e i quanti

si muovono

da un punto all’altro

senza mai fermarsi…

…Universi paralleli

si cercano,

si sfiorano

senza mai toccarsi,

lasciando la loro scia

di stupore

nell’immensità

dello spazio…

 

 

MATERA

di Iveano Benigni Braschi

Il poemetto intitolato “Matera” è ispirato da una visita reale alla città tufacea. Il poeta, facendo leva sull’etimologia del toponimo (Matera da “mater”) lo articola come se si trattasse di un dialogo tra madre e figlio. Con le parole della poesia, il lettore è coinvolto in un viaggio che ha il sapore di un ritorno nel grembo materno, nel passato ancestrale personale e cosmico. Esplorare i suoi vicoli è come riallacciare un legame con la cultura arcaica pre-cristiana riscoprendo il senso di appartenenza alla madre terra. Secondo una visione ciclica della vita, la madre rappresenta la nascita e la morte, l’inizio e la fine.

La poesia ha quindi il compito di dare voce al sentimento nostalgico di un’appartenenza perduta a cui la recente standardizzazione e secolarizzazione dell’esistenza ha dato il colpo di grazia. La poesia che va oltre il tempo e lo spazio recuperando ciò che di sacro ancora resta nell’anima dell’umanità.

Alcuni estratti dal poemetto:

…Era come un ritorno,

un ritorno nell’utero

dei sogni

e delle apparizioni,

nella ferita profonda

dell’oscurità,

nel santuario

della pietra vulcanica

dove velate apparivano

figure femminili avvolte

in mantelli verdi e azzurri

che sorridevano

e danzavano attorno

ad un altare di pietra porosa,

a una corona di rododendri,

al fuoco sempre acceso

della notte…

…I Sassi parlavano

al cuore dell’uomo,

svelavano i segreti,

le leggende

del tempo perduto,

le trasformazioni incessanti

della natura…

…E io ti accoglierò

nel mio ventre di pietra,

nella mia culla

di erica e trifoglio,

di verbena e madreselva,

nella casa

della Luna nera,

del Sole di mezzanotte,

ti abbraccerò

col mio corpo di donna

forte e appassionata

che ha attraversato

il fiume dei sospiri

e delle lacrime…